Don Silvano ricorda Carlo
Per Giancarlo Carotti
A Barbiana, alle esequie di Michele Gesualdi, due anni fa poco più, l’omelia si concluse dando lettura di un saluto messo in rete da Carlo Carotti. Carlo, che non aveva potuto partecipare ai funerali per ragioni di salute, scriveva:
Caro Michele,
nonostante il tuo carattere forte tutti dobbiamo dirti grazie.
Grazie per essere riuscito, insieme a chi ti è stato sempre al fianco, a mantenere la nostra Barbiana quel luogo poverissimo come ai tempi del Priore. Grazie perché Barbiana non è diventata un museo come alcuni dicono, ma è rimasta una scuola viva che ha saputo parlare e insegnare alle migliaia di persone che ogni anno salgono lassù.
Grazie per essere riuscito a salvare Barbiana da ogni forma di speculazione.
Hai voluto raggiungere il Priore per primo sedendoti al tavolo, però questa volta non un tavolo costruito da noi, ma donato dal Signore.
Ad uno ad uno arriveremo tutti e intorno a quel tavolo inizierà una scuola diversa dalla nostra ma uguale in tre punti:
anche lì non ci saranno voti, non ci saranno pagelle
e non ci sarà nemmeno il rischio di bocciare perché il Signore non boccia nessuno, ma ci vorrà tutti intorno a lui per continuare la scuola di vita eterna:
Ciao, Michele.
Carlo Carotti era un ragazzo di Barbiana: la sua famiglia – padre, madre e quattro figli, due maschi e due femmine – abitavano a Padulivo, un gruppo di case che si trovano prima di affrontare l’ultimo tratto di strada che porta a Barbiana. La Carla, moglie di Michele Gesualdi, era sua sorella.
Carlo fu uno dei primi sei ragazzi della scuola di don Lorenzo. Dopo le elementari frequentò la scuola di avviamento professionale da don Lorenzo per il disegno meccanico e, con questo diploma, entrò a sedici anni, prima alla Siemens e poi, in un secondo tempo, alla Pignone dove è rimasto per trentacinque anni fino alla pensione. Era un disegnatore meccanico di grande competenza. Un uomo schivo, riservato, sempre in seconda fila ma stimato da tutti. Per la Pignone aveva viaggiato tanto, un po’ in tutta l’Europa. Di ogni pezzo don Milani gli aveva detto di imparare sempre la corrispondente parola inglese: e questo era stato per lui utilissimo. Giancarlo ha avuto un ruolo importante per la nascita e la crescita della Fondazione don Lorenzo Milani. Vicino a Michele, ne condivise subito l’idea di riaprire Barbiana, recuperare quei luoghi, farli continuare a parlare pur mantenendoli poveri e austeri e nel contempo legandoli allo spirito essenziale di Barbiana: la scuola.
All’impegno di guidare i visitatori, alternava il lavoro manuale tanto necessario per riparare i guai che la neve, la pioggia causavano alla chiesa e alla canonica: sostituire qualche tegola o grondaia, riparare le staccionate, coprire le buche della strada… Michele ne aveva una grande stima e indicò lui come suo successore.
Anche come Presidente l’impegno di Giancarlo non è mai venuto meno, malgrado il progredire della malattia che gli procurava dolori lancinanti.
Non è mai mancato alle riunioni dei soci e dei volontari; è voluto esser presente anche all’ultima del 17 novembre 2019 alla quale erano stati invitati gli ex alunni di Barbiana. A tutti ricordò i valori e i principi per cui era nata la Fondazione, raccomandando di continuare a gestire Barbiana in modo radicale come era stato fatto fino ad allora, rifiutando ogni tentazione di speculare o mercificare sopra.
Alla Carla che negli ultimi tempi – causa la pandemia – lo sentiva solo per telefono, Carlo aveva detto che si era potuto alzare da letto, che era andato in carrozzina al computer e che aveva messo in ordine tutto il materiale riguardante la Fondazione. Avvertiva forse la fine? La cosa certa è questa: che Barbiana e la Fondazione gli erano carissime ed erano sempre oggetto dei suoi pensieri.
Sposato, due figlie, Carlo era tornato di casa dopo il matrimonio a Sesto Fiorentino, in Valiversi, zona Querceto. Qui è rimasto anche nell’ultima fase della malattia, e, purtroppo, una malattia – un mieloma, un tumore localizzato nel midollo osseo – inesorabile. È stato curato a Careggi anche con molta attenzione dedizione. La malattia se l’è portata dietro per tredici anni. Nell’ ultima fase, quando era costretto a stare a letto in casa sua gli è stata portata più volte la comunione, richiesta da lui e sempre accolta con grande serenità. Solo negli ultimi giorni era ricoverato a Careggi. È morto quando era già scoppiata la pandemia per il Coronavirus ma questo per lui non ha assolutamente significato nulla. La salma è stata portata a Barbiana senza nessuna difficoltà, ed è stata sepolta nel cimitero dove sono le tombe di don Lorenzo, l’Eda e Michele…
(don Silvano Nistri)
18 aprile 2020