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I ragazzi della Scuola Media di Cotignola -RA- hanno scritto a Don Lorenzo

Barbiana, 3 maggio 2017

Caro don Lorenzo,
siamo una classe di diciotto alunni di una terza media della scuola di Cotignola, in provincia di Ravenna, e abbiamo pensato di scriverle perché abbiamo avuto la possibilità di conoscerla attraverso un film che racconta della sua esperienza educativa a Barbiana.
Siamo pienamente d’accordo con il suo stile di insegnamento, con il fatto che la scuola sia un bene per tutti e che ognuno dovrebbe avere un’istruzione adeguata. Per fortuna, alcune delle sue critiche alla scuola, contenute nel libro «Lettera a una professoressa”, scritto insieme ai suoi allievi di Barbiana, sono state prese in considerazione e hanno portato cambiamenti positivi. Lei nel libro ha scritto che la scuola è di classe e non offre opportunità ai più poveri, e ora per fortuna accoglie tutti gli alunni, indipendentemente dalle possibilità economiche delle famiglie; anzi, forse è anche grazie a lei che tutti possono andare a scuola e tutti gli studenti ricevono oggi le stesse attenzioni scolastiche. La Repubblica infatti ha rimosso gli ostacoli di ordine economico e sociale, però un problema c’è ancora, ed è che gli insegnanti sono costretti in qualche modo a fare le parti uguali tra disuguali, come faceva la professoressa con cui lei discusse per i suoi ragazzi bocciati.
Ci hanno colpito i suoi modi di fare e speriamo che lo Stato sappia trovare altre leggi sulla scuola prendendo spunto dal suo libro. Molti ragazzi infatti, con le loro sole doti, fanno fatica a volte nel comprendere le cose, mentre altri essendo aiutati da alcune persone per esempio in famiglia, riescono meglio. Lei ci ha fatto capire che non siamo tutti uguali, ma ognuno ha le proprie esigenze, e se pure un compagno ci mette più tempo ad imparare, tutti hanno il diritto di poter crescere studiando , anche se si trovano in situazioni in cui se la devono cavare da soli, perché a casa non hanno nessuno che li aiuti o li consideri.
E anche se a noi sembra che le disuguaglianze siano diminuite e i ragazzi che hanno bisogno vengano aiutati e supportati dai professori, è però necessario che la scuola sappia portare tutti gli alunni allo stesso livello, in modo che tutti siano alla pari e che nessuno resti troppo indietro rispetto agli altri.

Le critiche della scuola di Barbiana ci hanno fatto riflettere perché come insegnava lei, cioè senza troppi libri e senza cattedra, era un modo di fare scuola diverso e più bello, ma comunque molto serio per poter dare le basi necessarie per la scuola superiore.
La scuola è un bene molto importante, anche se spesso noi ragazzi del 2017 non capiamo bene questo, perché ci sembra che ci insegnino cose che non serviranno mai nella vita; infatti, secondo noi ha ancora ragione lei quando afferma che i programmi sono soprattutto teorici, mentre la pratica non c’è quasi mai.
Pensi, don Lorenzo, che abbiamo trovato un articolo di Eraldo Affinati, sul giornale Il venerdì di Repubblica, in cui ci si chiede se per lei sia giusto o meno che all’esame di licenza media si debbano fare i test Invalsi. Chi pensa che la scuola italiana di oggi sia figlia sua, dovrebbe chiedersi cosa direbbe il priore di Barbiana di queste prove che vorrebbero certificare le competenze degli studenti spingendoli, dopo aver letto un brano, a mettere la crocetta giusta scegliendo fra A, B o C. Lei infatti sapeva bene fino a che punto una risposta corretta possa non corrispondere a una preparazione adeguata, e viceversa che una risposta sbagliata non dovremmo mai gettarla nel cestino.
Di fronte a tutte le incombenze burocratiche a cui sono sottoposti i docenti del nostro Paese, chiusi nell’angolo dal tempo scandito dalla campanella, dal giudizio siglato dal voto, quale sarebbe la reazione del priore? Di certo non si riconoscerebbe nella riduzione di qualsiasi obiettivo didattico, lei che mandava i suoi ragazzi all’estero affinché imparassero le lingue (anche l’arabo in Algeria), lei che voleva ottenere il massimo in termini di preparazione culturale (grammatica compresa), ma soprattutto puntava a far brillare gli occhi degli scolari.
Questo le costò caro perché non tutti, neanche ai suoi tempi, lo apprezzarono. Ma educare significa anche ferirsi, andare là dove sai che ti farà male. E noi abbiamo cercato di capirlo con questo percorso, che oggi proprio qui a Barbiana completiamo con la visita alla sua scuola.
I ragazzi della III A