mercoledì, Dicembre 4, 2024
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“Perchè mi hai chiamato?”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Edizione:   S.Paolo

A cura di: Michele Gesualdi – Fondazione don Lorenzo Milani

 

DALL’INTRODUZIONE:

 

Il 90° anniversario della nascita di don Lorenzo Milani coincide con l’anno della fede e lui, il prete Milani, è un convertito che fu toccato da un’esperienza religiosa singolarissima; sentì il fuoco dentro, fuoco che continuerà ad ardere per tutto il suo breve ma intenso cammino sacerdotale.

Accoglie la fede che gli viene donata, e l’abbraccia tenendosela ben stretta col coraggio e l’entusiasmo del neofita. E’ la fede che lo fa subito incamminare senza incertezze verso una scelta di fondo alla quale rimane fedele fino alla fine: la scelta dei poveri.

E’ proprio  là, nella sua grande fede, che occorre scavare per capire qualcosa di più di questa vicenda religiosa e umana appassionante e interessante, che ha ancora molto da dire al nostro presente.

In questi anni la Fondazione don Lorenzo Milani ha raccolto, con costanza e pazienza, testimonianze e documenti autografi capaci di arricchire ulteriormente la conoscenza del priore di Barbiana.

E’ stata recuperata la corrispondenza con don Primo Mazzolari; con mons. Capovilla, che lui non conosceva di persona; poi quella con don Renzo Rossi e con don Bruno Brandani, entrambi suoi compagni di Seminario; e con don Divo Barsotti. Lettere che vanno ad aggiungersi a quelle già indirizzate a confratelli sacerdoti.

Ma soprattutto c’è il carteggio con don Raffaele Bensi, suo padre spirituale, al quale don Lorenzo aprì per la prima volta il suo animo prima di entrare in Seminario.

Non è il carteggio completo. Don Bensi in un’intervista rilasciata a padre Nazareno Fabretti parla di centinaia di lettere ricevute, che certamente ha distrutto perché non pubblicabili. Questa è solo una parte, forse la più piccola, con alcune risposte del destinatario, che ci consentono insieme agli scritti inediti di scavare nella fede di don Lorenzo Milani.

Don Bensi è stato per lui un babbo: con questa parola lo chiamava don Lorenzo. Un giorno che don Bensi venne a Barbiana e di fronte ai ragazzi si scontrò con lui, con parole forti, i ragazzi accennarono a qualche reazione verbale: don Lorenzo li bloccò con questa frase: << Fermi ragazzi, questo è vostro nonno>>.

Le lettere trasudano di amore e di pazienza, che don Bensi ha avuto verso di lui, ha sopportato le sue prese di posizione, non sempre condivise. Ha sdrammatizzato le sue posizioni quando non si sentiva compreso e accettato dalla curia fiorentina, cercando di fargli vedere da un’altra angolazione quei contrasti e quelle incomprensioni. Si è sempre esposto per attenuare gli scontri e aiutarlo, e talvolta addirittura incoraggiarlo nella sua ricerca di rinnovamento pastorale.

Tra i due non mancarono scontri, tipici di due forti personalità, ma si volevano troppo bene.

Don Bensi vede in questo prete un impegno totale tutto pervaso di amore per la salvezza della sua nima e delle anime che la chiesa gli aveva affidato.

E don Lorenzo non può fare a meno di don Bensi; ha troppo bisogno di lui, della sua guida,della sua grandezza, della sua saggezza, del suo equilibrio e perfino della sua protezione.

Il carteggio può anche sconcertare, ma bisogna entrare nel gergo letterario; un linguaggio che scuote, che accusa, prima di tutto se stesso, perché gli sembra di non essere mai sufficientemente pulito dentro, ma anche il linguaggio di gioia e di speranza enorme verso la vita e le persone.

Nella seconda parte del volume ci sono anche degli appunti: sono tracce per preparare le omelie domenicali o il catechismo popolare. Sono del 1953, quando don Lorenzo aveva trent’anni. Lo stile è molto semplice, ma mai sciatto. E’ il linguaggio della gente comune. In quegli appunti c’è già tutto lui. Sono temi affrontati da un giovane prete, guidato da una forte tensione sociale e coscienza etica.

E’ il giovane cappellano che si fa maestro e invita i genitori ad andare a vedere un film perché potrebbe aiutarli nell’educazione dei figli; che insegna a distinguere tra voglia e volontà, tra preghiera interiore, nel segreto dell’anima e quella pubblica.

Leggendo questi appunti ci si trova subito di fronte a un prete pieno di rispetto per tutti, nel modo di approcciarsi alla preghiera. Chi ha pratica di preghiera, afferma: <<non ride del Rosario perché sa che pregare con la sola mente, è in’impresa che non è da tutti e non è per tutti i momenti della giornata>>. Abbiamo di fronte un prete che parla di fede come dono di Dio ma, allo stesso tempo, di dovere di cui ci sarà chiesto conto. Oppure, lo sguardo di fede con cui si deve guardare al dono della vita, che è sempre misteriosa, per cui si deve ricordare che: << Tra non esistere e l’esistere malato è certamente meglio l’esistere, perché una chiamata di Dio>>.

Pur essendo don Lorenzo figlio della chiesa dell’epoca è però un prete diverso, che sa parlare di lavoro, di scuola, di ingiustizie sociali. E’ un uomo di chiesa che ha al suo centro la società. Parla con la gente, si gurda intorno, condivide le loro ansie sociali, economiche e culturali: riflette sulla loro povertà religiosa, di parola e di futuro, e dà risposte interpretando al presente la forza innovativa del Vangelo. Sta sempre con i piedi ben piantati nel particolare della sua realtà parrocchiale. Legge in quel particolare l’universale e nell’universale il dramma di tanti particolari in carne e ossa.

Lui è l’uomo dei sacramenti, è l’uomo del Vangelo, ma anche l’uomo dei poveri, schierato con loro e con le loro ragioni.

E’ difficile capire le prese di posizione di don Lorenzo senza tenere sempre presente che il suo classismo e la scelta dei poveri è tensione religiosa verso i valori indicati dal Vangelo.

In uno di questi scritti parla del lavoro domenicale. E’ di una lucidità e attualità sconvolgenti. In un altro parla del concetto di Patria: siamo nel 1953, ed esprime già idee forti e nuove. Quelle che più tardi tratterà in Lettera ai cappellani militari e poi nell’autodifesa di fronte al tribunale, dove affermerà di aver insegnato ai ragazzi che i confini di Patria sono concetti superati, che occorre guardare all’Europa e al mondo.

Anche le originali preghiere, probabilmente scritte per sé o la poesia dell’orfano dedicata ai preti novelli, oppure il colloquio immaginario con Dio, rivelano insieme umorismo sottile di chi vuole creare sconcerto, e l’abitudine a un rapporto con Dio.

Abitudine che è tensione senza soluzione, lotta interiore continua tra il bene e il male. Lotta con Dio: <<Perché mi hai chiamato?>> Sembra dirci con le parole dell’apostolo Paolo: <<Lottate con me nella preghiera che rivolgete a Dio>>.

La lotta riguarda anche la chiesa che don Lorenzo vede miope interessata a cose non degne della sua missione. Vorrebbe che la chiesa abbracciasse la povertà e i poveri e godesse dell’abbraccio dei poveri, quello stesso abbraccio che lui aveva ricevuto e che negli ultimi giorni della sua vita offre come eredità alla sua chiesa fiorentina, che purtroppo non accoglie. Ed è lotta per vivere in grazia di Dio.

Non passava un prete da Barbiana, chiunque fosse, senza che gli chiedesse di potersi confessare.

Ci teneva tanto alla grazia di Dio: ne aveva bisogno per sé e per gli altri di cui era prete e maestro.

La sua vita spirituale, il suo rapprto con Dio è vissuto spesso come lotta al guado di Jabbok, quella di cui parla la Bibbia nella storia del patriarca Giacobbe. Lotta, che se vinta, trasforma e cambia; modella l’uomo nuovo. Giacobbe da quella lotta ne uscì sciancato, cioè un uomo diverso.

Questi nuovi scritti escono dal cassetto nell’anno della fede perché ci paiono una testimonianza di fede, di quelle che lasciano il segno. Don Lorenzo è un convertito che ha passato il guado a vent’anni. Fino a quell’età non aveva avuto nessuno che lo aiutasse o gli proponesse un cammino spirituale. Ha saputo da solo rispondere alla sua inquietudine interiore. Ha cercato da solo e ha trovato; ha trovato la giusta strada che lo ha portato a divenire un testimone di Cristo. La gran parte delle lettere che pubblichiamo sono inedite. Si riportano lettere già edite quando completano il carteggio o sono necessarie per la comprensione dei fatti.

Michele Gesualdi