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L’indignazione di Don Lorenzo Milani contro i licenziamenti facili

12/01/2012

Don Lorenzo Milani si mostrò attento al tema della giustizia sociale fin dal Seminario; poi da prete ha scritto le pagine più belle mai scritte da un sacerdote a difesa del lavoro e della dignità della persona. Teneva sempre gli occhi spalancati sul mondo ed è dall’esperienza viva che trasse sempre i motivi delle sue prese di posizione.

Si schierò in modo pieno con i dimenticati, con quelli che meno contano, con chi per qualche ragione soffre. La sua scelta di parte è totale e la rivendica nella sua qualità di prete del Dio di Abramo.

Questo servire Dio attraverso i poveri lo portò ad un impegno civile e sociale per costruire un mondo più giusto ed una società più sana.

 

Per me prete, afferma, >l’ingiustizia sociale è un male perchè offende Dio<.  E ancora, in una lettera a un regista francese con la quale lo invita a fare un film sulla vita di Gesù:

>il disoccupato e l’operaio di oggi dovranno uscire dal cinema con la certezza che Gesù è vissuto in mondo triste come loro, come loro ha sentito che l’ingiustizia sociale è una bestemmia, come loro ha lottato per un mondo migliore<.

 

L’ indignazione di don Lorenzo Milani contro i licenziamenti facili.

 

quando un uomo può licenziare quanto e quando gli pare, hai belle inteso tutto.

Ha il coltello dalla parte del manico.  Delle leggi sociali se ne può anche ridere.

Ecco questo è il peggio davvero. Il peggio non è beffare la legge, il peggio  è beffare l’uomo,

distruggerlo dal di dentro e per distruggerlo dal dentro basta una cosa sola: tenerlo sotto il segno del terrore del licenziamento  —ma c’è un’altra parola più feroce ancora del licenziamento: la promessa di assunzione. Il licenziamento paralizza chi lavora, la promessa di assunzione paralizza i disoccupati.

Questa promessa di riprendere a lavorare distrugge l’uomo più ancora del licenziamento. L’una e l’altra possono fare di un uomo un cencio, di un operaio feroce, forte, intelligente e libero un agnellino in gabbia. Ecco cosa ha segnato per certa gente la presa della Bastiglia:la libertà per i ricchi. E per i poveri solo quella di scegliere tra l’offrire le mani alle manette spontaneamente e di morire di fame.

Siamo in uno Stato che si vanta della organizzazione della sua giustizia.

Per una semplice contravvenzione stradale si può appellarsi alla legge, si può ricorrere.

Per il giudizio più grave, quello di vita e di morte,  nulla!

E’ in mano a privati. Al più forte. Senza le più elementari garanzie per il debole (difesa, giudice estraneo, appello). Vige ancora intatta la legge della giungla.