lunedì, Aprile 29, 2024
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Esperienze Pastorali

Don Lorenzo Milani
Esperienze Pastorali
Libreria Editrice Fiorentina

 

 

 

 

 

E’ stato il primo libro scritto da don Lorenzo Milani ed è l’unico che porta la sua firma.

Il libro fu ritirato dal commercio con decreto del Sant’Uffizio perchè inopportuna la lettura.

Il libro ha il regolare imprimatur del Cardinale Elia Dalla Costa e si apre con una prefazione del Cardinale di Camerino Mons. Giuseppe D’Avack. Quando la stampa cattolica suonava a morto per il libro, don Lorenzo scrisse a Mons. D’Avack facendogli un resoconto delle recensioni uscite fino a quel momento.

Barbiana, 9.11.1958

Eccellenza Reverendissima,

mi scuserà se ho tanto tardato a farmi vivo, ma non sapevo bene come scriverle senza averla rivista in viso e non potendo quindi indovinare se il troppo chiasso che il nostro libro ha suscitato l’aveva forse addolorata. Ieri invece don Bensi mi ha rimproverato e m’ha consigliato di farle un breve sunto degli avvenimenti e commenti principali di questi cinque mesi di libro.

Comincerò col dirle che io non ho avuto nessuna noia né richiamo, né da Roma né da Firenze. Voglio sperare che sia stato così anche per lei, mi dispiacerebbe troppo pensare che dopo il gran bene che ella mi ha fatto coprendomi con le sue materne ali, ella dovesse aver ricevuto qualcuno degli spregi che mi aspettavo per me e che invece non ho avuto.

Ho avuto invece tutto il contrario perché da cinque mesi in qua non ho mietuto che dimostrazioni d’affetto da ogni parte della Diocesi e d’Italia. Visite e lettere innumerevoli e per la gran parte di preti.

Le elenco ora e riassumo per sommi capi le recensioni più importanti. Nel mio album ne ho qui raccolte 66 fra dirette e indirette, senza contare naturalmente le ripetizioni delle medesime su giornali diversi.

La serie è aperta (ne sono orgoglioso) da un santo: don Facibeni (1).

Dopo avermi lasciato dedicare un numero intero del suo meraviglioso giornaletto («Il Focolare» 1.6.58 con recensione tutta favorevole di don Rosadoni) e dopo aver detto a uno dei suoi collaboratori che voleva recensirmi anche di suo pugno («Padre, si comprometterà». «Si è compromesso il Cardinale, posso compromettermi io», rispose col suo riso sereno e felice) è morto il giorno dopo lasciando il mio libro aperto sul suo tavolo di lavoro. Aveva sottolineato particolarmente le frasi della prefazione che più lo avevano colpito.

I preti della «Madonnina del Grappa» han voluto che il libro restasse lì come lo trovarono quella mattina, aperto alla solita pagina. […] [Segue un riassunto di tutte le recensioni].

E ora la saluto con grande, filiale e grato affetto sperando di aver presto l’occasione di poterla rivedere e di sentire dalla sua bocca che ella non è per nulla turbata né inquietata come non lo sono per ora io e come non lo è il mio padre spirituale mons. Bensi. Suo

Lorenzo Milani

Da “Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana” edizione S. Paolo

A PADRE REGINALDO SANTILLI – FIRENZE

I libri dei religiosi cattolici, prima d’essere stampati, devono essere letti da un revisore ecclesiastico. Se il revisore dà il suo «nulla osta», il vescovo rilascia il suo imprimatur, cioè il permesso di stampare il libro. Padre Santilli era stato il revisore di Esperienze pastorali e dopo il suo «nulla osta» il libro era stato pubblicato con l’imprimatur del cardinale arcivescovo di Firenze, Elia Dalla Costa.

Qualche tempo dopo la pubblicazione, le critiche sempre più violente che apparivano in certi giornali cattolici lasciarono prevedere che il libro potesse essere condannato. Padre Santilli scrisse allora a don Lorenzo esprimendogli le sue preoccupazioni al riguardo.

DON LORENZO RISPONDE:

Barbiana, 10.10.1958

Caro Padre,

ho avuto la sua lettera e la ringrazio del pensiero.

Mi metto nei suoi panni e capisco la sua preoccupazione e le sono vicino sia per la gratitudine che le devo sia perché so che lei ha qualcosa di caro in pericolo.

In quanto a me le cose sono invece, se non erro, diverse. Sono poco pratico di queste cose, ma per quanto ci pensi non riesco a vedere quale pericolo mi possa incombere.

Cominciamo dal più banale: il ritiro dal commercio. Le dirò dunque che tutto ciò che riguarda il denaro è problema di Zani [1]. Io non ho ricevuto né avrò parte alcuna negli utili e quindi non potrò avere danno economico di sorta. In quanto a Zani penso bene che egli debba ormai essere coperto da qualsiasi rischio.

Se poi il libro fosse messo all’Indice, chiederei al Cardinale il permesso di tenerne una copia per mio uso, per potermela rileggere quando sarò vecchio e sorridere bonariamente sui miei affetti giovanili.

Sofferenza interiore per mancanza di sfogo non la rischio di certo. Più sfogato di così! Migliaia di preti e laici han sentito la mia voce e centinaia di persone mi hanno scritte lettere commoventi di affetto, di solidarietà, di gratitudine.

Scrupolo interiore d’aver fatto immenso male alle anime e alla Chiesa non riusciranno ad infondermelo e non solo per le tante testimonianze contrarie che ho qui sott’occhio, ma soprattutto per un semplicissimo motivo che si legge anche nella Dottrina: quando accuso un peccato in confessione mi sento sempre domandare se l’ho fatto con piena coscienza e deliberata volontà. So che non è possibile far del male in questo mondo se non si sia adempiuto queste due condizioni essenziali.

Scrupolo canonico non ho. Sono perfettamente in regola: ho consegnato un manoscritto al mio Padre Spirituale ed egli me l’ha reso con l’imprimatur del mio Vescovo e con la prefazione impegnatissima di un altro Vescovo [2]. Non sono irreligioso e superbo come quel tale che si permette di ignorare due Vescovi e disprezzare il loro sacramento.

Additarmi all’infamia non possono perché io mi piegherò subito a qualsiasi provvedimento e dunque infame non sono. Del resto non riuscirebbero a convincere altro che quei tali che già da dieci anni mi considerano e mi additano infame.

Di farmi perdere l’affetto dei miei vecchi scolari [3] non hanno potere. Dicono che la scuola sia il mio feticcio. Non è vero. Ma creda però che la gratitudine di quei ragazzi e delle loro famiglie è a prova di bomba. Somiglia davvero a quella che si ha per i genitori e non cadrebbe neanche se, per ipotesi, mi vedessero sbagliare.

E allora mi colpiranno con un provvedimento? Se mi togliessero Barbiana mi toglierebbero poco. C’è sei anime sole (gli altri novanta son contadini) [4]. Un’altra parrocchia adatta per me non l’hanno e del resto non la prenderei. Di cambiamenti me ne è bastato uno. Se non sarò giudicato capace di fare il parroco di Barbiana vorrà dire che Dio mi chiama a lasciare l’apostolato e cercare una via di maggior raccoglimento. Questo è il patto che abbiamo fatto tra me e lui.

Mi lasceranno a Barbiana e mi costringeranno a mutare mezzi di apostolato? Non lo credo. Sarà forse eresia dire che la scuola è mezzo migliore che non il flipper. Ma non sarà peccato stare, come sto, quassù sul Monte Giovi senza dar noia a nessuno a far scuola a sei poveri bambini. Del resto se mi costringessero a mettere il televisore vuol dire che saranno costretti a portare quassù la luce elettrica e sarà un comodo per me e questi infelici.

Mi scusi il tono scherzoso che forse stona con la sua preoccupazione, ma creda che non ho motivo di allarme per me, né velleità riformiste o ereticali. Sono ormai allenato a prender quel che mi danno senza far tragedie e tentando piuttosto di leggerci dentro quale sia il modo più semplice di sortirne in grazia di Dio e salvarsi l’anima.

Non mi ribellerò mai alla Chiesa, perché ho bisogno più volte alla settimana del perdono dei miei peccati e non saprei da chi altri andare a cercarlo quando avessi lasciato la Chiesa.

Insomma io spero di averla tranquillizzata. Comunque per scrupolo verso di lei, alla prossima occasione in cui capiterò a Firenze, vedrò don Bensi e sentirò da lui se è del parere di fare come lei dice oppure (come sempre mi ha detto) di seguitare a stare in pace.

Un abbraccio affettuoso, suo

Lorenzo

Note

[1] L’editore di Esperienze pastorali.

[2] Mons. Giuseppe D’Avack, arcivescovo di Camerino.

[3] Gli allievi della scuola di San Donato.

[4] La scuola di Barbiana era ancora agli inizi e la frequentavano solo sei ragazzi. La frase, scherzosa, allude al fatto che, diversamente da San Donato, a Barbiana egli aveva allora la possibilità di comunicare quasi soltanto con i sei ragazzi della scuola.

Il libro fu ritirato dal commercio per disposizione del Sant’Uffizio nel dicembre 1958.